Testo originale e traduzione in italiano.
Testo e musica: Leonard Cohen
Traduzione italiana del testo originale di Leonard Cohen: © Yuri Garrett/Leonardcohen.it 2016. Non riprodurre senza previo permesso.
Hey, That’s No Way to Say Goodbye è una delle canzoni più amate di Leonard Cohen. Come lo stesso Cohen ha detto in più occasioni, la canzone fu composta nel 1966 in una stanza d’albergo, dopo una notte d’amore con l’ennesima donna sbagliata. Ecco le parole che scelse per presentare la canzone nel suo Greatest Hits del 1976:
«Questa canzone nasce nel 1966 da un letto fin troppo usato del Penn Terminal Hotel. La stanza è troppo calda. Non riesco ad aprire le finestre. Sono nel bel mezzo di un rancoroso litigio con una bionda. La canzone è scritta per metà a matita ma ci protegge mentre manovriamo, ciascuno di noi, per la vittoria incondizionata. Sono nella stanza sbagliata. Sono con la donna sbagliata.»
Hey That’s No Way to Say Goodbye è dunque il momento di dirsi addio tra due amanti che hanno appena consumato una lunga notte d’amore. Cohen esorta la sua compagna (di una notte, di una vita) a farlo senza lacrime, ricordando che l’amore è sì eterno ma cambia forma costantemente, al punto da costringere i due amanti a separarsi perché il sentimento continui a vivere. Questo uno dei temi centrali della poetica di Cohen, per cui la fuga dall’amata (anzi, dall’amore tout court) rappresenta uno stratagemma di sopravvivenza, l’unico modo per tenere viva la fiamma. Ma Cohen non si nasconde: mentre cambia forma, l’amore lo fa a spese di uno dei amanti – proprio come l’eterno sopraffarsi di mare e battigia. Siamo ben lontani quindi dall’idea tradizionale e monogamica di amore eterno. Al centro non c’è la coppia (come ad esempio nella morale giudaico-cristiana), bensì l’amore come forza che tutto crea e tutto distrugge, a suo piacimento, e di cui l’uomo – che lo ricerca necessariamente – è vittima suo malgrado. L’amore come forza superiore, come creatore di legami che non si possono sciogliere volontariamente, e di cui quindi non bisogna parlare se si vuole goderne appieno.
La canzone fu cantata per la prima volta da Judy Collins, che la incise nel suo Wildflowers del 1967, lo stesso anno in cui la incise anche Cohen. Fu anche il lato B del primo 45 giri di Leonard Cohen, Suzanne.
Un classico senza tempo!